Andrea Riccardi & S. Egidio: ovvero come beatamente prosperare sui mali del mondo a forza di chiacchiere

Ricorderete, forse, come per alcuni anni di fila l’esimio Riccardi ci abbia rotto non poco i marroni con lo slogan salviamo Aleppo e con quel corridoio umanitario che avrebbe dovuto fare il miracolo senza che si spargesse una sola goccia di sangue. Naturalmente non se ne fece nulla, anche perché era oggettivamente ben difficile far qualcosa con l’aria fritta. Ci vollero i russi per cacciare finalmente l’Isis con le cattive da Aleppo e “liberare” la città, che ora ha ripreso a vivere. Ma intanto anche con questa pratica la Ditta Operatrice di Pace S. Egidio arricchiva le sue credenziali, il suo prestigio e il suo potere. Come ha sempre fatto immischiandosi in tutti i conflitti del vasto mondo, assolutamente nulla combinando di solido e duraturo, ma abilmente pubblicizzando codesto nulla pacifista, mellifluo, presenzialista, parolaio e modaiolo presso i potenti della Terra, ricevendone in cambio riconoscimenti a non finire, non avendo infatti questi nulla da temere dai sedicenti avvocati degli ultimi della Terra.

Dopo l’attentato di Nizza l’ottimo Riccardi non poteva non far sentire la sua voce, un po’ per fare il pompiere, un po’ per battere professionalmente il ferro finché era caldo. Scartando con olimpica serenità il problema Islam, che per definizione non esiste nella mente degli intellettuali civili e responsabili, l’illustre Riccardi, dopo aver espresso l’orrore e lo sdegno di prammatica in queste occasioni, con una coerenza tanto tranquilla da destare perfino ammirazione per la sua morbosa profondità, ci propina per la millesima volta la sua miracolosa aria fritta o minestra riscaldata che dir si voglia:

«La Chiesa umilmente potrà aiutare l’Europa a trovare la strada in un tempo difficile per la pandemia e la complessa convivenza tra diversi. Non da oggi, il Papa e la Chiesa mostrano come non si può chiudere ai rifugiati e bisogna realizzare vie legali, le uniche a dare sicurezza. Invece, troppo spesso, si è chiusa la porta e si è lasciata prosperare l’illegalità, si è addirittura “investito” politicamente su di essa, mentre tanti morivano nel Mediterraneo. E poi ci sono le periferie anonime senza comunità, laddove scuola e professori sono l’unica presenza educativa (e a che prezzo!). Bisogna investire nel rifare il tessuto umano delle periferie, perché siano capaci d’integrare. Niente giustifica la violenza, ma bisogna lottare contro i cattivi maestri, i fomentatori dell’odio, aprendo alternative per i giovani e i disperati.»

La soluzione riccardiana ricorda il genio di chi intende risolvere il problema della povertà abolendo la povertà, o quello della guerra e della violenza abolendo la guerra e la violenza. Un po’ come se Dio Onnipotente, pentitosi di aver cacciato Adamo ed Eva dal paradiso terrestre, un bel giorno dicesse: «Sia la pace nel mondo.» E la pace c’è, senza fallo.

Come combattere allora un’illegalità che è prosperata? Ma è ovvio: «creando vie legali». Per chi? Per i rifugiati. Ma coloro che entrano clandestinamente in Italia, o in Europa, e vengono riconosciuti come rifugiati hanno già la legge dalla loro parte. Parlare di “vie legali” cioè vie legali normali per i rifugiati non ha alcun senso: rifugiato è chi fugge da un paese e chiede asilo ad un altro paese.

Ma allora di chi si parla? Ma di tutti gli altri, naturalmente, cioè il 90% di coloro che entrano clandestinamente in Italia, una parte notevole dei quali destinata a ingrossare in breve tempo le fila di coloro che godono della provvidenziale “protezione umanitaria”, sorta di rifugiati di serie B che non potranno mai essere “sbolognati” nel resto dei paesi europei, già restii peraltro a prendersi la loro quota parte dei pochi rifugiati veri. Ma per Riccardi e la vasta schiera degli immigrazionisti apocalittici i “migranti” sono tutti rifugiati a prescindere. Come degli strani robot usi a farsi le canne continuano impermeabili alla realtà a ripetere pii e mansueti il loro verso per strada: ri-fu-gia-ti, ri-fu-gia-ti, ri-fu-gia-ti… E allora di cosa si parla in sostanza? Ma di risolvere il problema della clandestinità abolendo la clandestinità, naturalmente.

E come trasformare allora le periferie anonime in comunità vere? Ma è ovvio: investendo «nel rifare il tessuto umano delle periferie, perché siano capaci d’integrare», cioè trasformando le periferie in vere comunità. Tutti sanno, infatti, che per fare una cosa bisogna farla. E’ una cosa che non va mai dimenticata.

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