Le riforme e la memoria corta del Corriere

E’ commovente vedere il presidente della Repubblica dire schiettamente no ai conservatorismi e auspicare coraggio e politiche nuove sulla questione del lavoro; così come ci rinfranca leggere le ferme parole di Pierluigi Battista sul Corriere della Sera contro «i nostalgici del novecento», cioè le mummie di quella sinistra «immobilista e conservatrice» che si oppone a quella «riformista» oggi incarnata in Italia da quella sagoma del Rottamatore. Però i due personaggi dovrebbero prima spiegarci dove fossero gli augusti presidenti della Repubblica e le auguste firme del Corriere della Sera o del Sole 24 Ore quando quella sagoma del Berlusca si scontrava coi sindacati – a cominciare dalla guerra scoppiata nel 1994 sulle pensioni che fece saltare il suo primo governo – oppure quando si azzardava anche solo ad ipotizzare una qualche riformicchia liberale in campo economico. Non ci risulta che i primi spalleggiassero con la loro autorevole e meditata parola i tentativi del nostro eroe, né che i secondi scrivessero nei loro editoriali «Avanti tutta, Silvio!». Proprio per nulla, nonostante anche allora, come ora, la patria necessitasse di riforme vitali. Su Silvio si leggevano invece seriose reprimende grosso modo di questo tenore: «E’ proprio in queste occasioni che si vede tutta l’incapacità politica di Berlusconi di essere all’altezza delle sfide del futuro. Il caratteristico tratto demagogico-populista della “filosofia politica” berlusconiana può concepire il riformismo solamente come una guerra contro qualcuno, e non piuttosto come la capacità di raccogliere il necessario consenso tra le diverse parti sociali, anche attraverso duri negoziati, condotti però col tratto costruttivo dello statista vero ecc. ecc. ecc.». Ora è cambiato tutto. A proporre le riformicchie liberali è la stessa sinistra, o almeno una parte di essa. Quindi si può perfino rischiare di sbilanciarsi. A conferma che in Italia, nonostante il ventesimo secolo sia ormai finito da qualche lustro, la sinistra è ancora una chiesa: fuori di essa nulla salus. Per questa riforma epocale, di tipo antropologico, i tempi non sono ancora maturi. Ma aspettiamo fiduciosi l’avvento del ventiduesimo secolo.

[pubblicato su Giornalettismo.com]

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