Il settimo sigillo dei diabolici rossoneri

Purtroppo la partita inizia come si temeva (come io temevo) col Milan rattrappito e in difficoltà di fronte al pressing del Liverpool. Sono francamente stupito che dopo tanti anni Ancelotti non abbia ancora capito che con squadre che ti mettono sotto pressione (il team inglese è eccellente in questo) il Milan va in crisi e non riesce a giochicchiare come gli piace. Anche ieri contromisure, cioè un minimo di contro-pressione, zero. Il Liverpool come al solito si schiera con la squadra tutta stretta in una fascia di trenta metri tra la propria area di rigore e il centrocampo, pronta ad avanzare e a indietreggiare compatta. Lì è il campo minato, la zona rossa, la zona dei Reds. Appena ci metti piede, te ne trovi tre o quattro intorno.

Benitez è un grande allenatore, ed un vero sacchiano. Come disse una volta il madridista Valdano, stupendo un po’ tutti, quella di Sacchi era fondamentalmente un tattica difensiva. Ed aveva ragione: solo che quando Sacchi la brevettò, una volta per tutte, col suo grande Milan, gli avversari erano talmente impreparati a farvi fronte, che non restava loro altro che trincerarsi in difesa. Sbagliano completamente coloro che parlano di catenaccio del Liverpool. Il pressing consiste non tanto nella ricerca del contatto con l’avversario, quanto nella ricerca sistematica ed organizzata della superiorità numerica nella zona dove staziona la palla. E questo avviene normalmente nella fase difensiva. I successi di Benitez, col Valencia e col Liverpool, e di Mourinho, col Chelsea e col Porto, sono basati su una disciplinata e convinta applicazione di questa tattica di gioco. Ma c’è qualcuno (anzi, molti) tra i giornalisti di casa nostra che quando vedono due squadre del genere affrontarsi (tipo Milan – Nacional de Medellin di Coppa Intercontinentale ai tempi di Sacchi: grandissima, sì!, grandissima partita) favoleggiano di pornocalcio e di partite scadenti. Non capiscono una mazza! Fu Van Gaal, con un fantastico Ajax, a creare una variazione offensiva della tattica del pressing (seguito poi in parte dal Barcellona di Rijkaard) con la ricerca sistematica della superiorità numerica nella fase d’attacco, con un continuo gioco di inserimenti e sovrapposizioni di centrocampisti e difensori laterali.

Intanto però i nostri balbettano. Il Liverpool gioca invece da par suo, senza eccellenza tecnica ma a memoria. Sulla destra il trottolino Pennant mette in difficoltà Jankulovsky, che per poco non combina qualche guaio. Per fortuna il Milan la sfanga, grazie anche alla buona serata di Didone (che sia un buon segno?) e ai piedi grezzi degli inglesi quando si avvicinano alla porta dei rossoneri. Agli sgoccioli del primo tempo su una punizione battuta da Pirlo, a seguito di un fallo su Kakà, Superpippo combina una delle sue famose o famigerate inzagate: si butta volontariamente sulla traiettoria del pallone, cercando il tocco …involontario. Il pallone tocca la parte superiore del braccio, perfidamente attaccato al corpo. E’ fallo o non è fallo? E’ calcio o non è calcio? That’s the question. Mentre l’arbitro teutonico scorre mentalmente le centinaia di pagine del regolamento footballistico, e i figli d’Albione sono ancora troppo imbambolati dall’italica stilettata per abbozzare una protesta, la storia ha già fatto il suo corso. Baci, abbracci e goal! Uno a zero!

Nella seconda frazione la musica all’inizio cambia poco o niente, ma con l’andar del tempo le maglie strette del gioco del Liverpool si fanno più larghe, per necessità di dare profondità al gioco offensivo e per stanchezza, e il Milan riesce a manovrare con maggior scioltezza, cercando coi lanci di Pirlo e le incursioni di Kakà la coltellata finale. C’è ancora tempo, putroppo!, di vedere l’immancabile cavolata rossonera in fase difensiva: Nesta e Gattuso (mi sembra) cincischiano con la palla e l’ottimo e indomabile Gerrard, complice un rimpallo fortunato, si ritrova solo, anche se defilato sulla sinistra, di fronte a Dida: la giraffa brasiliana riesce a salvare sul tocco dell’inglese. Se avesse segnato, sarebbe stata una cosa veramente da spararsi! Ma oggi le Parche filano la tela del Fato con un occhio benevolo alle sorti dei diabolici rossoneri. Il secondo goal del Milan dimostra che gli inglesi sono ormai un po’ groggy. Superpippo danza sulla linea del fuorigioco e Kakà, non pressato, ha tutto l’agio di aspettare l’attimo giusto per servire l’avvoltoio rossonero; il portiere del Liverpool chiude lo specchio della porta al nostro eccentrico attaccante, ma fa lo sbaglio di cercare di anticiparlo: Inzaghi si allarga sulla destra, mandando a vuoto l’intervento di Reina, e con tocco da campione di golf manda la palla lemme lemme, au ralenti, tenendo col fiato sospeso mezzo mondo, nella rete. Goal meno facile di quanto sembri. Poi, more solito, corre come un ossesso ad amoreggiare con la bandierina del calcio d’angolo, manco fosse la sua ultima fiamma, prima di soccombere all’abbraccio dei compagni. Due a zero!

Prima della fine Superpippo recita ancora da par suo: in fase difensiva, presso la bandierina del calcio d’angolo, oppone stoicamente il suo corpo ad una sciabolata di Riise e cade fulminato a terra attorcigliandosi come un serpente. Il laterale dei Reds cerca di tirarlo su e allora il nostro si inalbera indignato facendo capire all’avversario e all’arbitro tutta la bua che sente nel pancino, prima di rifulminarsi a terra.

Ma non è ancora finita. L’ammirevole e modesto (a confronto del Milan) Liverpool non si arrende. A due minuti dalla fine del tempo regolare su un’azione da calcio d’angolo il fenicottero e falso nerd Crouch, che oltre all’altezza, una buona tecnica e una certa intelligenza calcistica ha anche il merito di avere una bella fidanzata,  striscia di testa il pallone che più o meno rimbalza sulla testa di Kuyt, (al suo primo goal  nella C-o-p-p-a  d-e-i  C-a-m-p-i-o-n-i), infilandosi in rete. Due a uno! Uhi! A questo punto il pensiero non va tanto ai fantasmi di Istanbul, quanto all’altro grande evento sportivo di questi giorni: l’ormai mitica finale del campionato di rugby tra l’Arix  Viadana e il Benetton Treviso, quando, con solo una manciata di minuti a disposizione prima della fine della partita, i leoni biancoverdi riuscirono ad impattare il risultato con due mete di Sbaraglini e Wenzel, prima di infilzare mortalmente i bassaioli con la meta di Perziano nei tempi supplementari, che ha dato ai trevigiani il tredicesimo titolo della storia. Ma su questo è inutile dilungarci, tanto l’eroica impresa è nota in tutto il mondo, dalla Terra del Fuoco alla Kamchatka, dalla Tasmania all’Alaska.

Ci sono tre minuti di recupero, che dovrebbero essere tre e mezzo, vista la sostituzione di Seedorf con Favalli. Galliani fugge nelle catacombe dello stadio ateniese ma, prima che il fratello brutto di Nosferatu soccomba ad un infarto, l’arbitro Fandel pensa bene con teutonica precisione di fischiare la fine dopo due minuti e quaranta secondi, risparmiandoci quasi un minuto di angoscia. Per Rafa Benitez, in fase orgasmica, il fischio è come un dolorosissimo coitus interruptus: giustamente s’incazza nero, mentre tra i nostri eroi esplode la gioia. Campioni!

Ma alla fine tutta la tensione si stempera, grazie anche (credo) ad una pensata di Platini che, da galletto conoscitore della cultura rugbystica, impone una novità oltre alla premiazione in tribuna: e così vediamo i nostri magnanimi rossoneri fare ala agli sconfitti in segno di rispetto. Bella scena. Adesso manca solo il terzo tempo! E poi alziamo tutti la coppa con nonno Maldini! Mentre l’incorreggibile Silvio bacia i giocatori del Milan come se fossero tutti suoi generi!  Ora ci mancano solo le note dell’inno del Milan, bello e liofilizzato come quello di Forza Italia: …. Miiilan …..Miiilan… Inimitabili!!!

7 thoughts on “Il settimo sigillo dei diabolici rossoneri

  1. Bella aulica cronaca, adatta alla dimensione dell’evento. Rievochi alla grande la giusta dimensione della rivoluzione sacchiana e correttamente ne vedi più eredità in Benitez che in Ancellotti, più Liedholm che Sacchi.
    Mi sono rivisto due volte la partita stanotte, e se la mia prima lettura coincide con la tua, a mente più fredda ho dedotto che il Liverpool di ieri era una pallottola spuntata.
    Di conseguenza il Milan, una volta prese le misure (cioè: sacrificato Seedorf in copertura su Pennant a sinistra), s’è comportato sopratutto nel secondo tempo come a una corrida: lascia che il toro si sfianchi, volteggia, punzecchia e poi colpisci per finirlo.
    Bravo Ance. e tutti i “grandi vecchi” a mantenere la calma di fonte a un toro che non lasciava spazi.
    ciao, Abr

  2. Tu non sei milanista, come non lo sono io. Sta di fatto che la tua bella cronaca non sposta di una virgola il risultato della partita che è quello e che così va accettato. Tra l’altro, amico mio, le finali non necessitano di bel gioco e, forse, neppure di correttezza. Necessitano di goal convalidati dall’arbitro. Tutto il resto è, purtroppo o per fortuna, letteratura. Ciao e non te la prendere.

  3. Come come? Io non sarei milanista? Mi stai prendendo in giro, caro Xavier?
    Volevo solo far vedere che noi tifosi rossoneri abbiamo il senso dello humor e restiamo olimpicamente imparziali nella vittoria e nella sconfitta: insomma, che siamo … ehm… superiori! 😉

  4. Una variante della superiorità antropologica?
    😯

    Vorrei far mettere a verbale il mio dissenso relativamente al giudizio su Crouch. Non ho visto la partita ieri, ma l’ho visto giocare ai mondiali: come calciatore è imbarazzante.

    Sulla fidanzata non saprei……
    😉

  5. @ Abr & Maedhros
    Bah, ho avuto una settimana con qualche spiacevole imprevisto che mi ha allontanato dal blog e così per riprendere in discesa mi sono divertito a “mettere a verbale” qualche mia opinione calcistica da tempo radicata, oltre a prendere per i fondelli i miei eroi rossoneri…
    Mettiamo a verbale anche l’opinione di Maedhros su Crouch. Ma, chissa?, forse è migliorato negli ultimi mesi…
    Della fidanzata mi sembra (mi sembra) di aver visto una foto su un giornale sportivo: cazzata più, cazzata meno…
    Superiorità antropologica? No, forse culturale: a forza di vincere… 😀

  6. Eccettuato l’accenno apologetico al “sacchismo” (che io ODIO, essendo “capelliano” di strettissima osservanza), il tuo resoconto è un ottimo esempio di stile british-rossonero.
    Lo stile di chi è abituato a vincere, ma non si è dimenticato di come si sta quando si perde. Understatement, insomma.

  7. “Il resoconto è molto british”: oh, if that’s what you think, I’m delighted!
    (Soeo che quando vardavo a partìa aea teevision jero na belva… )
    L’accenno apologetico al sacchismo è polemico. Per una sorta di vendetta del mondo del calcio italiano (compresi i giornalisti) contro il vittorioso pioniere e rivoluzionario Sacchi (che certo aveva grossi difetti di carattere, soprattutto non sapeva modulare la pressione psicologica sui giocatori) le nostre squadre hanno giocato per molti anni come se le novità sacchiane non fossero esistite, mentre tutto il mondo ne faceva tesoro. Il Milan di Capello ebbe successo perché seppe mitigare gli aspetti meccanicisti del gioco di Sacchi, ma lo potè fare solo perché perché ormai i rossoneri giocavano a memoria. Piano piano anche quel Milan cominciò a regredire verso una “statica italianità”. Il bel gioco, filante, risulta quasi sempre dalla meglio organizzata mobilità dei giocatori nel rettangolo verde, che ottimizzata tende sempre a produrre la superiotà numerica. Non si tratta di correre di più, ma di correre meglio: e questo si può fare se le cose vengono fatte senza riserve mentali. La velocità di una squadra non dipende dalla velocità dei giocatori ma dall’abolizione dei tempi morti nell’avanzare e nell’indietreggiare della squadra. Se invece nel momento della conquista del pallone (o della perdita) ci si guarda attorno per vedere come si sviluppa l’azione si perde quell’attimo fatale che è decisivo…

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