Psiche e piacere

Vi sarà capitato di sorprendervi, e di confessarlo a fatica, a provar piacere per opere artistiche, letterarie, musicali o di altro genere, diversissime fra loro. Infatti le sconcertanti vie del piacere artistico le paghiamo spesso col disorientamento dell’intelletto: com’è possibile che dopo essermi imbevuto ed esaltato con questa musica di tirannica bellezza, quasi a tradimento e per caso un motivetto di tutt’altra pasta, dopo un primo momento di doloroso stupore, venga ad accarezzare e a lusingare – con diletto, ahimè! – le più intime fibre della mia sensibilità? Per la mente è come ruzzolare giù da una sommità che sembrava ormai a portata di mano: se qui in basso, tra le braccia di questa sirena, che già rinnova il cammino ascensionale, mi trovo del tutto a mio agio, sirena anch’ella era colei che prima sembrava avermi trasportato nella beatitudine dell’assoluto. Una vera e propria mortificazione.

La varietà infinita, anche solo potenziale, dei piaceri è fonte di sofferenza psichica. Nessuno di essi né da solo né, tanto meno!, accoppiato ad altri ci porta però a quell’unità del tutto, eterna perché atemporale, e atemporale perché libera dalla schiavitù del tempo, cui l’animo anela. E siccome questa sofferenza è difficile a lungo andare da sopportare, solo il superamento della paura della morte, momento di passaggio verso il completamento del nostro essere, consente di affrontarla. La terribile semplificazione intellettuale risultante dalla rinuncia al quotidiano travaglio interiore di affrontare e accettare la non celeste, la non assoluta, la non conchiusa, la non definitiva, l’incompleta, l’inarrestabile e non appagante diversificazione della realtà, e consistente nell’esplorazione settaria, patologica, di un angolo di essa, alla ricerca di quell’assoluto che lì non potrà mai raggiungere, è come un collasso dello spirito che genera un’ingannevole e presto superato sollievo, ed è in verità un vero e proprio principio di cancrena dell’animo.

Ma chi al contrario accetta questa sofferenza quotidiana, si arma di una salute interiore che lo rende ricettivo alla varietà infinita dei piaceri terrestri: non è schiavo di nessuno di questi e non li cerca prioritariamente, sapendoli finiti, ma li accetta quando vengono con gioia. Questo il significato pieno della temperanza. Non il castigo dei sensi. Perché la ricerca del piacere in realtà altro non è che una riduzione della propria disponibilità al piacere, mediante la selezione e l’esplorazione di alcuni aspetti della vita sensoriale; fino all’esclusività di uno solo: la droga, quale che ne sia la forma – intellettuale o materiale -, che uccide tutti gli altri piaceri.  E anche chi in apparenza sembra correr dietro alle mille forme sempre cangianti dei piaceri più o meno alla moda, in effetti chiude la sua mente alle innumerevoli occasioni di cogliere quelli semplici, e non è più padrone di se stesso.

Anche in campo religioso  la nostra terrestre corporeità ha bisogno di una diversificazione nell’impossibilità di abbracciare con la mente il mistero divino. Si dice fede; ma Fede vuol dire Fede, Speranza e Carità: e ciascuna implica l’esistenza delle altre due. Così come si dice Dio; ma Dio vuol dire il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo: la Trinità è l’umanità di Dio. Per questo così spesso quei collassi dello spirito, quella disgregazione della sua integrità, che furono le forme ereticali dell’era cristiana – in senso lato anche l’Islam – hanno cercato di ridurre la ricchezza della Fede e di Dio. E come in uno specchio in questo si trova anche la chiave di lettura dei dolori e delle sofferenze terrene. Un Dio benevolo non può assistere inerte infatti alle sofferenze degli uomini; ma se lascia campo alla corruzione e al male, lo fa solo – almeno per coloro che sentono rettamente – per guidarli. Cosicché se Dio frustra i nostri desideri, è perché questi desideri in realtà sono troppo poco ambiziosi, ed indegni della nostra natura divina: lo fa per indicarci una meta più alta. Mentre capita invece spesso che essi vengano esauditi, quando nel nostro animo questi stessi desideri abbiano perso il loro potenziale idolatra. La morte infine, salvifica, sarà l’ultima correzione di Dio, perché “…se quei giorni non fossero abbreviati, nessun vivente si salverebbe; ma a causa degli eletti, quei giorni saranno abbreviati” (Matteo, 24, 22)

E così come la pura fisicità dell’esperienza sessuale è una forma panica di frigidità, che porta spesso, quando ne abbia la possibilità, alla perversione, anche l’arte si può ridurre ad una dolorosa duplicazione della vita, di cui nessuno sente il bisogno. L’arte non può essere questo; e nemmeno una falsificazione, che la svuoterebbe di ogni senso; ma una concentrazione – the two hours’ traffic of our stage di shakespeariana memoria – che sottrae la vita alla schiavitù e all’angoscia del tempo, sempre che ne colga, di lontano, quella segreta armonia che per noi è fonte di piacere:

La vera poesia si annuncia là dove essa sappia, come Vangelo mondano, con un senso di serenità interiore e di benessere esteriore liberarci dalle cure terrene che ci opprimono. Come un pallone essa ci solleva, insieme alla zavorra che a noi è attaccata, in regioni superiori, e lascia che gli errori intricati della terra si distendano sotto di noi come una veduta a volo d’uccello. (Goethe, “Aus meinen Leben. Dichtung und Wahrheit”, “Dalla mia vita. Poesia e verità”, Parte terza, Libro tredicesimo)

20 thoughts on “Psiche e piacere

  1. Molto bello e ben scritto! Che altro aggiungere? L’ultima citazione di Goethe è geniale perché crea una sorta di conciliazione tra il Vero e il Bello.Ciao! 🙂

  2. Sono ancora qui dopo averlo scritto. Il fatto che posti quasi sempre a quest’ora di domenica “is quite an explanation in itself…”
    Le “two hours’ traffic of our stage” è una citazione da Shakespeare. E visto il tuo commento ne aggiungo un’altra sempre dal nostro Will:
    “Fair, kind and true, is all my argument,
    Fair, kind and true, varying to other words,
    And in this change is may invention spent,
    Three themes in one, which wondrous scope affords,
    Fair, kind, and true, have often liv’d alone,
    Which three till now, never kept seat in one” (Sonetto 105)

    Good night, and be well, my Lady.

  3. il disorientamento dell’uomo è una tipica caratteristica della società e cultura attuale che non coinvolge solo l’intelletto ma anche l’anima.

    Nell’ambito artistico assistiamo a sempre più numerosi generi, ma in genere siamo violentati da una enorme quantità di dati ed informazioni.
    Inoltre la quantità è sempre inversamente proporzionale alla qualità e quindi a questa aumento di stimoli non corrisponde una miglioramento dell’uomo.

    Se l’uomo non troverà dei punti di gravità permanenti per vivere in armonia con il mondo, inevitabilmente dopo lo smarrimento, già in atto, sparirà negli abissi ?

  4. Portare la croce, cioè soffrire, ha per il cristiano un altissimo aspetto salvifico. Ma la sofferenza, come il piacere è tanto forte che spesso il descriverla, l’indagarla o, solamente il parlarne, è spesso inutile. La sofferenza vera ama il silenzio.

  5. Bellissimo Zamax.

    In fin dei conti è sufficiente la semplicità umana per perdersi nella serenità.
    Il fatto è che lo dimentichiamo con la stessa facilità.

    Un caro saluto

  6. @ Royalist
    Se mi permetti la battuta, mi verrebbe da dire: “E’ la democrazia, bellezza!” Anche nell’ambito intellettuale o culturale (come siamo europei, wow!) più che a cibarsi si è quasi forzati a inghiottire. Sta a ognuno di noi trovare il tempo per coltivare i propri interessi, sapendo di dover sacrificare qualcosa della propria vita, e oggi, quando materialmente tutto è a nostra disposizione, paradossalmente questo richiede un “eroismo” del tutto particolare.
    Eroismo? Mmm, non ci avevo pensato ma è buona, come scusa, se un giorno mi dessero del fallito… 😀

    @ Monica
    Mi diletto di filosofia, ma il metalinguaggio dei filosofi professionali non sono mai riuscito a digerirlo. Per questo sulla porta del mio blog ho messo l’insegna dell’irregolare Michel de Montaigne: preferisco il linguaggio della natura e della verità. Meglio ancora se cinguettato da ugole femminili. Bum bum barabum. 😉

  7. Adesso c’è la tendenza a considerare la moderna democrazia con l’informazioni e quindi il relativismo, ma non confondiamola con l’aumento di dati a disposizione.

    Difronte all’abnorme quantità di materiale solo i saggi e gli eroi riescono a trovare la strada maestra.

    Esistono ancora gli eroi (come scrivi tu) ed i saggi ?

  8. Correzione..

    Adesso c’è la tendenza a credere che si possa raggiungere la “democrazia” con l’aumento di dati a disposizione, ma
    così si giunge al relativismo che crea confusione.

    Difronte all’abnorme quantità di materiale solo i saggi e gli eroi riescono a trovare la strada maestra.

    Esistono ancora gli eroi ed i saggi ?

  9. Giusto per rovinarti la festa…… 😀

    “…morte, momento di passaggio verso il completamento del nostro essere”

    Ti sfido a sviluppare il concetto, argomentandolo razionalmente (i.e. lasciando da parte il Credo).

    Perfidamente tuo…
    😉

  10. @ Monarchiste
    “Esistono ancora gli eroi (come scrivi tu) ed i saggi?”
    E perché no? Per chi VUOLE vivere il mondo non è mai cambiato, né mai cambierà.
    Epicuro disse: “Il giovane non deve aspettare a occuparsi di filosofia e il vecchio non deve stancarsi di farlo. Poiché nessuno è mai troppo giovane o troppo vecchio per la salute dell’anima.”
    Mentre più tardi un giovinotto, ora famoso, esortò i vanamente indaffarati di questo mondo a lasciare “che i morti seppelliscano i morti”.

  11. @ GMR
    N.B. (Notate bene): GMR è uno psicoterapeuta di qualche notorietà, visto che il suo nome è finito nella stampa (per il suo lavoro, non per le foto coi trans!), ha scritto varie pubblicazioni “scientifiche”, ha organizzato convegni internazionali e va in giro per il mondo (per esempio a …Glasgow) a partecipare a simposi, e non come coppiere, coi Platone e gli Aristotele del nostro tempo; ed è uno psicoterapeuta che alle 17.34 scrive: “La prima sera che torno a casa meno stanco lo leggo con attenzione. Sembra molto interessante.” E 25 minuti dopo scrive: “Letto”. Bene, questo va a sua lode. Uno che ci butta in faccia così candidamente le sue umane contraddizioni è uno psicoterapeuta con la testa sulle spalle che di niente ha paura!

    Neanch’io di niente ho paura. Infatti nella mia vita – giuro! – non ho mai letto un libro di psicanalisi o di psichiatria o di psicologia o di psico…pietanze che non mi hanno mai attirato…
    Ma chi lo dice che non possa dire anch’io la mia? Il filosofo della Virtù, per celebrare la sua eroina e per descriverne le bellezze e le precipue caratteristiche, deve costruirci un mondo intorno; similmente l’adoratore del Piacere, per ornare di tante belle qualità il suo Dio, deve costruirci un mondo intorno; sono come due finestre di due palazzi lontani, la Virtù e il Piacere, che guardano la stessa contrada, il mondo. E guarda mai che i due discepoli non si trovino alla fine d’accordo nel descrivere lo stesso panorama…

  12. @ Maedhros
    “Argomentandolo razionalmente”… eh, eh, eh questa è farina del diavolo! 🙂
    Sfida accettata! Prossimo post.

  13. caro Zamax, fai bene a non leggere psicotrattati di psicoterapia, il cui interesse è sempre solo professionale. Si tratta di manuali di meccanica per meccanici.
    Diverso invece potrebbe essere per te l’interesse di alcuni testi di scienza psicologica sulla natura della coscienza, stati emotivi e cose simili. Non parlo di Freud, il quale era più un fondatore di religioni, una sorta di Maometto. Parlo di gente più umile emeno ossessionata dal dominare le menti altrui. Costoro producono riflessioni sulla natura umana non troppo dissimili dal tuo post. Ti manderò qualcosa. Un assaggio è il mio ultimo post “dualismi”.

    P.S.: attento con Malvino. E’ un gladiatore. Scendi in quell’arena solo col proposito di far male e non attenderti di più.

  14. La citazione sulla stampa del mio libro dimostra come questo mondo sia dominato dal caso. Il giornalista Facci un paio di anni fa scriveva sul blog Macchianera (anzi, a quanto mi risulta, lo fa ancora). Una volta mi capitò di appoggiare un suo intervento che parlava del fumo che non fa male, quello di sigarette. Seguì uno scarno scambio di mail e di libri in attachment. Lui mi manda un suo bel volumetto sulla musica di Wagner, io gli rimando quella mia illegibile e ipertecnica pubblicazione, che ha venduto in tutto il mondo ben 125 copie (va bene, non voglio esagerare in modestia: sono copie vendute a biblioteche. Ma comunque si tratta di una opera molto qualunque nel mare strabordante delle pubblicazioni scientifiche). Due anni dopo Facci (con il quale nel frattempo non mi sono mai più sentito per e-mail) mi cita su un quotidiano. Non lo avrei mai saputo se non mi avesse informato Zamax. Così termina il mio quarto d’ora di celebrità.

  15. @ GMR
    Ho letto il tuo post “Dualismi”, ma svogliato e stanco (in più quei caratteri microscopici!!!) per cui non ci ho capito una mazza! Ma guarda che io sono un tipo tenace: tornerò alla carica.
    Riguardo a Lucifero: ma io non m’attendo nulla! In più mi conosco abbastanza per sapere che il fuoco della battaglia coi malvagi esalta la mia calma serafica che sa essere in quei momenti provocatoria ed insultante.
    Dunque: tenace, calmo, beffardo e temprato al fuoco della battaglia. Direi un bel profilo eroico…mi ci riconosco in pieno… anche se mi son dimenticato la mascella volitiva…
    Ah quel radicale libertario senza fede di Facci scrive sul blog Macchianera? Ma lo sa il fratello di Berlusconi? A proposito di musica, e di “Psiche e piacere”, se non ricordo male, proprio il nostro Filippo un giorno sulla gazzetta berlusconiana – che io leggo quotidianamente – scrisse del fascino tirannico della musica di Wagner, un fascino che dava “dipendenza” uccidendo tutto il resto dell’universo sonoro: allora era ancora sano per veder venire la malattia, adesso temo sia proprio in uno stato disperato. Poi lui ha certe predilizioni! Tipo, Shostakovich! Ma, dico io, di tutti quei formidabili russi come Mussorgskij, Tchaikovskij (che comunque qualche volta ha citato), Rimski Korsakov, Stravinskij & Prokofiev; di tutti quei giganti proprio del grigio imitatore delle parti tediose della musica sinfonica di Mahler (non quelle celestiali) si doveva incapricciare! Un giorno poi ebbe l’ardire (certi ricordi sanguinano!) di insultare l’Alexander Nevskij di Prokofiev, un c-a-p-o-l-a-v-o-r-o! Gli avrei strappato la zazzera bionda e avrei attaccato lo scalpo come trofeo ed a imperitura memoria al CD della magnifica colonna sonora, sola cosa che resterà, temo, del film di Eisenstein. La sto ascoltando adesso; ecco i cavalieri teutonici: “Pe-re-gri-nus ex-pe-cta-vi/pe-des me-os in cym-ba-lis!”
    125 copie. Non male. Veramente. Complimenti vivissimi! (Qui vicino c’è il mio alter-ego che ridacchia, quello scimunito; non capisce che solo l’opra del tempo dividerà il loglio dalla zizzania) Mah! Comunque ho sentito sì di assembramenti nelle biblioteche…
    (Guarda che Facci è talmente “fatto” che è capace d’averlo letto tutto, il tuo capodopera ipertecnico, in una notte di delirio baudelairiano)
    Pensavo: quanto è bello sparare cazzate quando dall’altra parte c’è uno psicoterapeuta che t’ascolta!

    P.S. Se per caso rinnovi la conoscenza del nefando mangiapreti Facci, mi fai un piacere? Digli che c’è un suo grandissimo ammiratore che vorrebbe conoscerlo, che adora come scrive, che ama la musica che Lui ama…

  16. Di Prokofiev mi piace la III sinfonia, che se non erro si basa sulle sue musiche dell’Angelo di Fuoco. Spero di non sbagliarmi. Tra i russi hai dimenticato Rachmaninov.

  17. @ GMR
    Tutto esatto. A mio parere, la terza è la più bella delle sinfonie di Prokoviev, a parte il delizioso pastiche della “Prima Sinfonia”, che però non è una sinfonia. La realizzò perché per molti anni non riuscì (!) a portare sulle scene l’opera l’Angelo di Fuoco. L’atmosfera è simile a quella, “barbara”, delle coeve Seconda Sinfonia e Suite Scita.
    Rachmaninov non l’ho dimenticato: non mi piace.

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