Proporzionale ma anche maggioritario

Ormai forse solo gli anziani si ricordano di quando Veltroni Walter, nato a Roma il 3 luglio 1955, al tempo delle elezioni presidenziali francesi che consacrarono la vittoria di Nicolas Sarkozy, nell’anno 2007, si presentò, con la serietà compunta sotto la quale di solito si cela la vacuità di pensiero, davanti alle telecamere assieme alla sfidante socialista Segolene Royal, elogiando senza mezzi termini il sistema elettorale uninominale maggioritario a doppio turno, simbolo e mezzo della stabilità politica transalpina, e indicandone la bontà ai testoni che nella nostra penisola non l’avevano ancora intesa. Ancora meno, temo, sono quelli che si sovvengono della dichiarazione di intenti del candidato Veltroni Walter alle primarie del nuovo Partito Democratico nel settembre dello stesso anno, 2007 (duemilasette), nella quale si può leggere:

Le elezioni legislative francesi sono state un modello di funzionamento istituzionale perfetto: i cittadini hanno scelto con il loro voto e hanno selezionato, in due turni, un Parlamento compatto in un contesto democratico equilibrato. E così per le presidenziali: chi ha perduto ha riconosciuto pochi minuti dopo le prime proiezioni il successo del vincitore. Il Presidente eletto ha invitato all’Eliseo il contendente per discutere i lineamenti della posizione che la Francia avrebbe portato al Consiglio europeo. Tra cinque anni i cittadini misureranno se gli impegni presi dalla maggioranza e dall’opposizione sono stati rispettati. Vediamo, nel caso francese, due aspetti. Uno è il funzionamento della legge elettorale e dei meccanismi istituzionali. L’altro è il senso di responsabilità nazionale delle forze politiche. Da noi tutto è frammentazione. Abbiamo, in questa legislatura, ben quattordici gruppi parlamentari. I partiti di governo sono dieci, più o meno altrettante sono le formazioni politiche che stanno all’opposizione. Ci vuole davvero poco per vedere quanto la legge elettorale irresponsabilmente approvata nella scorsa legislatura abbia favorito l’ingovernabilità del Paese.

Fu solo molto tempo dopo, a dimostrazione della tenacia e della profondità delle convinzioni del primo segretario del Partito Democratico, ed esattamente nel novembre del 2007 (duemilasette), che Veltroni, preso atto a malincuore delle peculiarità della situazione politico-culturale italiana, cambiò idea annunciando al popolo del Corriere che:

“I modelli elettorali non sono abiti che si prendono e si indossano; vanno calibrati sulle esigenze del Paese, sull’assetto istituzionale, sulla situazione politica. È possibile trovare insieme un modello che recepisca il meglio dei sistemi elettorali vigenti in Europa”.

E al popolo di Repubblica della necessità di:

“Un sistema proporzionale, senza premio di maggioranza, che riduca la frammentazione e dia la possibilità ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti.”

Cioè un sistema proporzionale, senza premio di maggioranza, ma corretto da funambolismi tecnici cuciti su misura per i bisogni del nostro paese, ossia per le esigenze del Partito Democratico. I grandi giornali nulla hanno da dire su questa improvvisa conversione sulla via di Damasco del nuovo apostolo delle genti. Infatti questa proposta di legge elettorale altro non è che il segno della pace ritrovata tra il Partito del Corriere della Sera e quello di Repubblica, dopo le tensioni dovute alla pirrica vittoria elettorale di Prodi, che legò le sorti dell’azione del suo governo all’imprimatur dell’estrema sinistra. Fallita con l’operazione Casta l’offensiva scagliata a 360 gradi contro la politica, che doveva portare ad un governo tecnico che tagliava fuori sia l’estrema sinistra sia Berlusconi, il Partito del Corriere si è arreso all’ascesa di Veltroni. In cambio eccoti questo sistema proporzionale ma anche maggioritario che magicamente dovrebbe tagliare le ali ai partitini e premiare i partitoni. L’ormai campione del mondo honoris causa di lip service riesce a dire al Corriere questo:

“Si tratta invece di creare un nuovo bipolarismo, fondato sulla coesione e non sulla coercizione, sull’alleanza e non sul programma; e sull’alternanza tra forze che riconoscano reciprocamente la propria legittimità.”.

Mentre a Repubblica dice questo:

“Con il sistema proporzionale un partito si candida con un programma in base al quale chiede il voto e se su quel programma avrà ottenuto un consenso più ampio del proprio partito ci saranno altre forze che convergeranno, altrimenti ci sarà solo il partito” […] “è necessario passare dalle alleanze fatte prima del voto e con il programma fatto dopo, al contrario.”

Viene prima l’uovo o la gallina? La gallina o l’uovo? L’alleanza o il programma? Il programma o l’alleanza? Se siete confusi non preoccupatevi. I nodi della logica e perfino quelli della grammatica sono ben misero ostacolo per il disinvolto gran sacerdote della concordia oppositorum:

“Si fa un programma e su quello si verifica chi è d’accordo e chi lo è si presenta insieme alle elezioni cosicchè i cittadini votano quello sapendo qual è il programma e qual è l’alleanza”.

Le quadrature del cerchio dialettiche di Veltroni rappresentano simbolicamente oggi per davvero l’impossibilità per l’Unione delle Nomenklature di uscire dalla gabbia della conservazione: un gigantesco, generalizzato e folle esercizio di lip service e di wishful thinking ha cancellato ogni traccia di common sense. Cosicché, dopo la sceneggiata del liberismo di sinistra, adesso sui nostri schermi va in onda anche quella sul tema della sicurezza:

“…voglio fare un passo in avanti. Non può esistere una sinistra che non si faccia carico della sicurezza. Non può esistere una sinistra ignara che il problema riguarda innanzitutto gli strati più deboli, e attiene ai diritti fondamentali delle persone: il diritto di una donna a uscire di casa tranquilla, di un anziano a non essere aggredito, di un bambino a non essere molestato. Il centrosinistra deve salvaguardare questi diritti. E solo il centrosinistra può farlo”.

Il tutto, mentre nella realtà del territorio, cara alla sinistra, l’establishment sedicente liberale applaude la difesa dell’italianità pagata a carissimo prezzo dal Monte dei Paschi nella sua conquista di Antonveneta e applaude l’abilità, la virtute da capitano di ventura rinascimentale di Giuseppe Mussari, presidente dell’istituto senese, nonostante il tonfo in borsa dell’11% in una sola seduta. Così, tra gli applausi dell’Italia furbacchiona dei salotti buoni e dei giornali che contano, sembra essersi conclusa l’altanelante vicenda dell’istituto padovano, mentre un galeone spagnolo pieno zeppo di italiche monete d’oro fa rotta verso la penisola iberica.

4 thoughts on “Proporzionale ma anche maggioritario

  1. “Abbiamo, in questa legislatura, ben quattordici gruppi parlamentari. I partiti di governo sono dieci, più o meno altrettante sono le formazioni politiche che stanno all’opposizione.”
    fatemi capire: abbiamo una ventina di partiti (10 al governo e più o meno altrettanti all’opposizione), oppure quattordici partiti (10 al governo e 4 – che si sa, è piùmmeno 10 – all’opposizione)
    oppure 14 gruppi parlamentari espressione di circa 20 partiti? e il gruppo misto al senato? quanti ne copre? e sta al governo o all’opposizione?
    e tornare alle elementari, uòlter, non ti farebbe bene?

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